Pagine 326 Prezzo 2 libri a 9.90 €
Edizione economica Feltrinelli
Trama: lnés de Suàrez nasce all'inizio del Cinquecento in Spagna. lnés sposa, contro la volontà della famiglia, Juan de Malaga, che presto la abbandona per cercare fortuna nel Nuovo Mondo. La giovane non si dà per vinta e, con i soldi guadagnati ricamando, si imbarca anche lei. Giunta in Perù, cerca invano il marito, morto in battaglia; riprende a lavorare come sarta fin quando incontra Pedro Valvidia, un seducente hidalgo, fuggito da un matrimonio deludente e venuto a combattere per la Corona spagnola. La passione infiamma lnés e Pedro che si mettono alla guida di pochi volontari attraverso un deserto infernale, combattono indigeni incattiviti e giungono infine nella valle paradisiaca dove fondano la città di Santiago. Non senza il malcontento di alcuni coloni, cresce la sua autorità a fianco di Pedro, divenuto governatore.
La scrittrice è una delle mie autrici preferite, e qui non si sbaglia, un libro scritto in maniera fantastica e una storia diversa da raccontare. Un romanzo arricchito di esoterismo, credenze popolari, fantasmi e sortilegi. Resoconto romanzato della colonizzazione del Cile attraverso le gesta di lnés de Suàrez e di Pedro Valvidia, nel 1500. I due protagonisti non sono spinti dalla ricerca della ricchezza come la maggior parte degli spagnoli che decidono di stabilirsi in sud America: Pedro ambisce alla fama e Inés alla libertà e alla passione senza costrizioni, desiderano fare la differenza. Mi ha lasciato un po' perplessa la figura di Ines, donna tuttofare, in ogni senso del termine, eroina del libro che non sbaglia un colpo essendo allo stesso tempo contadina, cuoca, sarta, medico, guerrigliera, anche se ricordiamoci che siamo sempre nel 1500 per giunta in un ambiente selvaggio, perciò credo che sia un po' troppo. Questo romanzo ci fa vedere la conquista del Cile dalla parte dei conquistatori, ma simpatizzavo con gli indigeni. Le nuove conquiste aprivano altri orizzonti ovviamente a discapito degli indigeni locali, che come sappiamo sono stati decimati. Ben descritto il dramma degli Indios che non si rassegnano a soccombere ai conquistatori che con prepotenza pretendono di arrivare sulle loro terre in qualità di padroni. Ma chi ha subito l'essere privato della propria terra e delle proprie risorse, in genere non lo racconta. Facevano bene gli indigeni ad esporre le teste dei malcapitati spagnoli. Per me si, era un loro diritto difendere i loro villaggi, le proprie donne e i propri figli.
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